mercoledì 8 maggio 2019

 
Intelligenza artificiale e fattore umano insieme sono il futuro delle HR


Mya, Olivia, Vera. Chi è in cerca di lavoro, e affronterà un processo di selezione nel prossimo futuro potrebbe dover interagire con una di loro. Chi sono? Intelligenze Artificiali, software cui sempre più aziende affidano le fasi preliminari della selezione di potenziali candidati e professionisti. Non solo screening e ricerca, ma anche employee retention quindi. Molteplici le potenzialità dell’AI applicate al settore HR, ma sempre in affiancamento all’intervento umano.
In questa panoramica di Wyser, che si occupa di ricerca e selezione di profili manageriali, emerge che l’intelligenza artificiale è un’innovazione tecnologica che sta cambiando il volto di molti settori e che rappresenta un’opportunità anche per le Risorse Umane.
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domenica 12 ottobre 2014

Imprese sociali più forti della recessione

Mentre l’occupazione in Italia continua a rappresentare un’emergenza, qualche segnale di ottimismo arriva dal settore delle imprese sociali: in 10 anni il numero e i dipendenti di queste aziende sono raddoppiati e il saldo occupazionale resta comunque migliore rispetto alle aspettative del complesso dell’imprenditoria italiana.

È quanto emerge dall’indagine Excelsior di Unioncamere sul settore, che evidenzia anche come siano in particolare le figure di alto profilo e il personale con elevato livello di istruzione e di esperienza i lavoratori sui quali queste imprese puntino maggiormente per sostenere la crescita.
«Le imprese sociali si confermano un soggetto di rilievo nel tessuto produttivo del nostro Paese. Perché costituiscono un modello di impresa che crea maggiore occupazione e produce innovazione sociale», ha spiegato il segretario generale di Unioncamere Claudio Gagliardi, presentando l’indagine nel corso delle Giornate di Bertinoro per l’economia civile, promosse dall’Aiccon - Un modello che dimostra di saper combinare la crescita economica con il benessere sociale, con una sempre stretta integrazione tra imprese “non profit” e imprese “profit”».

Tra il 2003 e il 2012 - evidenzia l’indagine -, il numero di imprese sociali è passato in termini assoluti da circa 8.500 a circa 17.600 unità, con una crescita più marcata nel Mezzogiorno (+136%). Il numero dei dipendenti è aumentato del 114%, arrivando a sfiorare le 474.000 unità. Forse anche per questo andamento in controtendenza rispetto al resto del mercato del lavoro, gli imprenditori sociali si mostrano più ottimisti per il 2014, prevedendo di effettuare 31.550 assunzioni, a fronte di 35.240 uscite: il saldo resta negativo dello 0,8% ma è comunque migliore alla media nazionale (-1,5%).

In particolare, la domanda di lavoro di profili «high skill» (professioni intellettuali, scientifiche e tecniche) passa dal 29% del 2008 al 33% nel 2014, mentre tende a decrescere la quota delle figure operaie (appena 3% che nel 2014). Inoltre, per il 2014 oltre il 62% delle assunzioni previste riguarderà persone in possesso di laurea o diploma. In queste aziende, infine, porte aperte all’inclusione sociale: la domanda di lavoratori immigrati, pur diminuendo, si mantiene più elevata rispetto alle altre imprese (16% contro 14% delle assunzioni programmate); il part time dovrebbe rappresentare oltre la metà delle assunzioni previste nel 2014 (a fronte di un valore medio nazionale del 26%); per la grande maggioranza delle assunzioni i due generi sono ritenuti indifferenti, e quando viene effettuata una scelta vengono nettamente preferite le donne (24%) agli uomini (6%).
da La Stampa LAVORO

martedì 21 maggio 2013

Basso merito zero ambizioni

 

Basso merito zero ambizioni
C'è stato un tempo felice in cui tutto il corpo sociale viveva di impulsi politici. Dalla fine della guerra fino al crollo della Prima Repubblica la vita di tutti era segnata dal primato della politica: dal primato delle grandi ideologie dell'epoca (comunismo, liberismo, corporativismo, dottrina cattolica); dal primato della dialettica fra i sistemi geopolitici (mondo occidentale, mondo arretrato, Paesi cosiddetti non allineati); dal primato anche quotidiano di scontri sociali e mobilitazioni di classe. Tutto era politica.
Ma, al di là della forte ruvidezza conflittuale di quegli anni, la politica non ci dispiaceva, perché ci trasmetteva un messaggio comune: crescete, andate avanti, salite la scala sociale, diventate altro da quello che siete. Ci spingevano a tale dinamica coloro che esaltavano le lotte operaie come coloro che coltivavano l'ampliamento del ceto medio; coloro che speravano nella potenza politica dei braccianti come coloro che trasformavano i braccianti in coltivatori diretti, cioè in piccoli imprenditori; coloro che spingevano per dare spazio a più ampie generazioni studentesche come coloro che coltivavano le alte professionalità industriali; coloro che predicavano il politeismo dei consumi come coloro che richiamavano alla sobrietà dei comportamenti. Gli obiettivi e i conflitti della politica erano tanti, ma l'anima era unica: «Crescete e salite i gradini della scala sociale». Ed era verosimilmente per questo incitamento alla mobilità che la politica piaceva.
Oggi è quasi disprezzata. I giornali sono pieni di possibili spiegazioni: la politica è estranea ai bisogni della gente; i politici fanno casta e se ne approfittano; sotto i partiti ci sono interessi inconfessabili; non c'è più una dinamica di rappresentanza democratica. Spiegazioni plausibili, ma è possibile che la cattiva fama della politica derivi dal fatto che essa non spinge più a crescere e salire, ma a far restare tutti ai gradini bassi in una filosofia di eguaglianza che si collega all'idea di una comune cittadinanza che rischia di diventare populismo, obbedendo alla logica di «invidia e livellamento» di cui lo stesso Marx aveva timore.
Guai a diventare «qualcuno», per la politica attuale. Dobbiamo restare cittadini a pari e basso merito, collocazione corroborata da giudizi morali tanto gridati quanto semplicistici. Non sorprende che i due terzi dei nostri giovani parlamentari siano «programmaticamente» cittadini a basso merito che si proclamano eticamente superiori. E se c'è «qualcuno» che vuole o tenta di essere protagonista, è rapidamente cecchinato. Il messaggio profondo della politica oggi sta proprio nel diffondere, anzi imporre, l'appiattimento al basso della cultura collettiva, della dinamica sociale. Ed è colpa ben più grave dei vizi di casta, perché inquina la chimica intima della società, ne riduce le dinamiche in avanti e le speranze.
Per questo bisognerà cominciare a difendersi dalla politica; diffidando di come oggi il suo primato sia diventato regressivo e non propulsivo. Forse il meglio è altrove, nella dinamica sociale, dove ancora vive un po' della voglia di crescere e salire che ci avevano dato i politici di prima, che tutto erano meno che dei semplici cittadini a basso merito.

martedì 5 marzo 2013

Germania, bonus di 2500 euro

L’esperimento partirà in Turingia con l’estate. L’obiettivo è formare badanti, fresatori e elettricisti nella fascia d’età tra i 25 e i 35 anni
 
Un bonus complessivo di 2.500 euro per i giovani poco qualificati che concluderanno un corso pluriennale di formazione o riqualificazione professionale. È l’idea allo studio dell’Agenzia tedesca del Lavoro per incentivare i giovani a migliorare le loro qualifiche professionali e aumentare così le loro chance di trovare un’occupazione in Germania.  

Il progetto, anticipato dallo Spiegel e confermato da una portavoce dell’Agenzia del Lavoro, dovrebbe rivolgersi ai disoccupati tra i 25 e i 35 anni che o sono scarsamente qualificati, oppure non dispongono di nessuna qualifica professionale. Il modello, non ancora deciso in via definitiva, prevede di versare un bonus di 1.000 euro a chi supera un esame intermedio durante il corso di formazione professionale, cui andrebbero ad aggiungersi altri 1.500 euro se si dovesse sostenere con successo anche la prova finale.  

A partire da quest’estate il progetto dovrebbe essere testato nella parte orientale del Land della Turingia. In seguito l’Agenzia deciderà se estenderlo o meno all’intero territorio nazionale. All’inizio gli incentivi si rivolgeranno soltanto a coloro che seguiranno un corso di formazione di due o tre anni nei settori dell’assistenza agli anziani, dell’industria metallurgica, elettrica e della plastica - settori, cioè, in cui la carenza di personale altamente qualificato è al momento più marcata in Germania. L’obiettivo è formare, ad esempio, badanti, fresatori o elettricisti industriali, figure particolarmente richieste nella Repubblica federale. 

L’idea alla base del bonus è semplice: la possibilità che un giovane nella fascia d’età compresa tra i 25 e i 35 anni porti a termine un corso di formazione o riqualificazione professionale “dipende soprattutto da motivi finanziari”, si legge in un documento preparato per i vertici dell’Agenzia del Lavoro e citato dallo Spiegel. Finora, ricorda il settimanale, quasi un terzo dei partecipanti ai programmi di formazione o riqualificazione incentivati dall’Agenzia lascia prima di completare il corso. Molti abbandonano proprio per ragioni economiche, in quanto non possono rinunciare a uno stipendio durante il periodo necessario per ottenere una qualifica professionale.  

alessandro alviani

venerdì 9 novembre 2012

Fiat, Sergio Marchionne risponde a tutta pagina all'attacco tedesco

di Vanina Gerardi

Compra pagine di giornali. Non certo per annunciare migliaia di assunzioni, ma per dare un messaggio chiaro a tutti. La strategia di Sergio Marchionne, numero uno di Fiat sfida ancora una volta i sindacati sullo scontro in atto circa la messa in mobilità per 19 operai, dopo la riammissione di altrettanti addetti voluta dalla Corte d’Appello di Roma. Un messaggio che suona come uno smacco ai sindacati e melina per gli operai, nella giornata in cui la commissione europea lancia Cars 2020. Mentre in borsa il titolo balla sotto gli studi degli analisti.
“Pomigliano. Escono auto italiane, entrano premi internazionali”. E’ questo lo slogan che il Lingotto ha utilizzato per pubblicizzare il premio “Automotive Lean Production 2012” assegnato allo stabilimento di Pomigliano. La coccarda è stata assegnata dalla commissione internazionale di esperti del settore auto, dopo aver analizzato e valutato oltre 700 impianti in più di 15 paesi.
Nello specifico Fiat dedica pubblicamente il premio a “tutte le donne e gli uomini che lavorano a Pomigliano, perché è merito loro se il gruppo è diventato un modello per tutte le fabbriche d’Europa”. Un modello che gli operai sperano venga portato a pieno regime con il piano di rilancio dei marchi di lusso annunciato lo scorso 31 ottobre.
Ma Fiat non ha soltanto gatte da pelare sul fronte aziendale. In borsa il titolo è precipitato ieri dopo un report di Deutsche Bank che taglia le stime del marchio italiano a 3 euro per azione. Secondo gli analisti della prima banca tedesca gli oltre 20 miliardi di euro di impieghi sul piano triennale 2012-4, assorbirebbe quasi tutta la cassa, creando difficoltà poi per ricomprare le minorities di Chrysler, fondamentali per arrivare all’obiettivo del 90% della casa americana. Il severo report di Deutsche Bank boccia il piano di Marchionne definendolo come il passaggio "dell'Ave Maria", cioè il lancio disperato che una squadra di football americano utilizza negli ultimi minuti per cercare il touchdown ed evitare di perdere.
Fiat, però, ha confermato che la cassa , e avrà, il denaro necessario per il piano e per le quote di Chrysler.Forse perché punta a una fetta di circa il 10%, di quei due miliardi di euro,
che la commissione europea ha messo sul piatto oggi. Una piano del vicepresidente della commissione Antonio Tajani chiamato Cars 2020, volto a investire sulla ricerca e lo sviluppo della tecnologia dell'auto verde e di quella elettrica, e sulle ristrutturazioni industriali. Dietro il taglio, quindi, ci sarebbe di più. Per Alessandro Frigerio, responsabile azionario dei fondi RMJ sgr, in questa fase vale tutto. Il settore è così volatile che possono essere considerate valide tutte le analisi. Gli analisti di Intermonte, insieme agli esperti di Mediobanca, Goldman Sachs, Natixis e Equita concordano sui rischi che Fiat possa rimanere a corto di denaro in cassa, e stilano giudizi che vanno dall’essere neutri a raccomandare di vendere il titolo nel medio termine. Anche se non sfugge il commento di Intemonte che con tutta probabilità la bocciatura da parte di Deutsche Bank ha anche una matrice conservatrice.
I due fronti non perdono occasione per trovarsi sempre su sponde opposte e litigare. Dalle discussioni in sede Acea tra Fiat e Volkswagen sulla revisione della sovracapacità produttiva dei marchi europei, alla competizione sul mercato brasiliano dove Volkswagen è in pole position, presente dal 1953, conta di rafforzare i suoi quattro stabilimenti. Non solo: la lotta sarebbe a piani più alti, andando a toccare quello tra Mario Draghi, italiano e presidente della Bce, e la Bundestag, la banca centrale tedesca. I due non si erano trovati d’accordo sulla decisione di emettere bond europei illimitati per calmierare la crisi di liquidità che attanaglia le nazioni dell’eurozona.

Cercare lavoro nelle fiere virtuali

di Filippo Mei

Come si fa a trovare lavoro? (e in particolare uno legato al proprio percorso di studi)?". Per rispondere a questa domanda forse non basterebbe un libro, però proviamo ad elencare alcune delle possibili strade: si può portare a mano il proprio curriculum nelle varie aziende e organizzazioni cui si è interessati, ma ormai è forse una via obsoleta; si può allora provare ad inviare il proprio curriculum tramite e-mail sfruttando il grande sviluppo del mondo digitale.
Oppure si può, soprattutto qui nel Regno Unito, andare alle cosiddette "Jobs Fair" o "Careers Fair" o "Graduate Fair", cioè le fiere "del lavoro", "delle carriere" o "dei laureati". Credo che eventi simili ci siano anche in Italia, ma che siano molto meno grandi, frequenti e pubblicizzati. Qui ogni grande città, da Londra a Manchester, passando per Birmingham, ne ha almeno una per semestre, cui poi si aggiungono quelle organizzate dalle varie università, spesso però più specificatamente rivolte a particolari settori, come la "Engineering, Science and Technology Fair" dell'Università di Manchester.
Quasi sempre poi queste fiere sono sponsorizzate da siti sui quali vengono quotidianamente linkate delle nuove opportunità di lavoro, alle quali si può inviare la propria "application" direttamente dal sito stesso. Inoltre, vengono usati enormi spazi per ospitarle, come l'Olympia Exhibition Centre di Kensington, a Londra.
All'interno di queste fiere vengono allestiti decine di stand. Questi si possono dividere in tre categorie: quelli dei siti citati sopra che cercano di attrarre nuovi iscritti alle loro newsletter; quelli delle università che offrono corsi e masters per coloro che si sono appena laureati (e magari sono indecisi); e infine quelli di grandi aziende, come ad esempio la Ibm, che assumono nuovo personale solitamente attraverso i cosiddetti "Graduate Schemes" e cioè dei programmi specifici per inserire neolaureati nella compagnia.
E, sarà per la crisi, o magari è solo una coincidenza, ma quest'anno la "Graduate Fair" di Londra era davvero piena. E' stata organizzata il 16 ottobre nel Business Design Centre, in una stradina subito fuori dalla stazione di Angel, nel quartiere Nord di Islington: è stato impressionante arrivare lì convinti di entrare subito e invece averci messo quasi un'ora dopo essersi accodati alla fila che partiva dalla via principale.
Ma, tra il 5 novembre e l'8 novembre, va in onda una fiera molto particolare. Si chiama Gradu8 e, organizzata per la prima volta circa cinque anni fa, segue perfettamente la via dell'informatizzazione che ormai ha preso il sopravvento nella vita comune di Londra: nella capitale inglese, volendo, si potrebbe trascorrere tutta la vita a casa senza un telefono, ordinando del cibo a domicilio su internet, sia dal supermercato più lussuoso che da quello più economico, e magari lavorando direttamente da casa in rete.
Comunque, la particolarità di questa fiera è proprio che chi è interessato non deve magari prendere il treno da Birmingham per arrivare a Londra, ma può parteciparvi direttamente dalla scrivania della propria stanza. Fondamentalmente gli "exhibitors", e cioè coloro che avrebbero uno stand in una rappresentazione fisica e non virtuale, organizzano in determinati orari, che si possono trovare sul sito, delle live chat: qui parlano direttamente con gli interessati delle opportunità di lavoro che offrono, delle qualità che devono avere gli aspiranti impiegati o del voto minimo di laurea che devono avere ottenuto.
Ci sono poi i "seminars", che, sempre in una rappresentazione fisica, corrisponderebbero a delle conferenze: viene scelto un argomento, come ad esempio "come far risaltare la propria appication rispetto alle altre" e si costruisce un dibattito attorno a questo. A gestirlo sono un moderatore del sito e una persona che lavora per uno degli"exhibitors", meglio se neolaureata assunta tramite "Graduate Schemes" e quindi in grado sia di capire che di dare consigli più efficaci a coloro che adesso sono nella condizione in cui era fino a poco tempo fa.
Infine, l'ultima particolarità è il fatto che, iscrivendoti via mail, puoi decidere di farti inviare i "reminders" (avvisi) della sessione di live chat o del "seminar" che ti interessano decidendo se farteli inviare il giorno prima, un'ora prima o un quarto d'ora prima. Tutto questo per evitare di dover magari attraversare cinquanta stands di cui non ti importa nulla o che non sono compatibili con i tuoi studi per arrivare direttamente all'unico che ti interessa. Comodo, no?


sabato 14 aprile 2012

BILANCIO DI UN VIAGGIO NELLE CITTA'

Segni di fiducia malgrado tutto


In quasi tutte le città, l'azienda con più dipendenti è il Comune. Quasi tutte sono candidate l'una contro l'altra a capitale della cultura europea per il 2019, o a patrimonio mondiale dell'Unesco (quando non lo sono già). Le procure che indagano su politica e affari hanno una gran mole di lavoro, nel Sud clientelare come nel Nord leghista. I gruppi industriali quasi ovunque cercano di alleggerirsi anziché crescere. Eppure è possibile uscire da un lungo viaggio in Italia convinti che il Paese in qualche modo tenga, resista, e per alcuni versi sia più unito di prima, pronto a ripartire.

Certo, i segni della crisi sono evidenti. A cominciare dalla proliferazione delle insegne «compro oro» (una sorta di simbolo dell'Italia di oggi) e «tutto a un euro», delle slot machine, delle pizzerie al taglio dove talora anche nei quartieri borghesi si compra la cena per tutta la famiglia. E il segno più doloroso dell'impoverimento è il degrado dei rapporti umani, il diradarsi di quelle relazioni che rendevano bello e allegro vivere nei centri storici, oggi splendidamente recuperati ma meno abitati di un tempo: molti ristoranti sono pieni di televisori accesi, molti centri commerciali tengono la musica a tutto volume, come a disincentivare la comunicazione tra le persone. L'Italia appare un Paese di cattivo umore. Impaurito dal futuro, spaventato all'idea di spendere e investire, come conferma il dossier Eurisko.

Eppure il tessuto sociale tiene. C'è un'Italia che resiste. Il patrimonio di ricchezza privata resta imponente, e andrebbe (almeno in parte) messo a frutto. Il potenziale turistico rimane talvolta inespresso; anche perché, grazie agli investimenti pubblici e privati di questi anni, le nostre città non sono mai state così belle. Forse le prospettive future dipendono anche dal modo in cui pensiamo l'Italia. Tendiamo ad esempio a concentrare l'attenzione sulla dorsale tirrenica, dove ci sono le grandi città tra cui quelle impoverite dal declino dell'industria statale, come Genova e Napoli; e dimentichiamo la dorsale adriatica, da Trieste tornata centro geografico d'Europa ai cantieri di Venezia, dal miracolo rinnovato dei romagnoli che riescono a vendere - ieri ai tedeschi oggi ai russi - un mare non bellissimo al fervore dei marchigiani, sino alla vitalità della Puglia (che non è solo vizio e corruzione) e alla resistenza dell'Abruzzo.

È vero che il Paese rischia di diventare meno multicentrico di un tempo: le banche locali sono finite quasi tutte a Milano, l'impasse del federalismo riporta i centri decisionali a Roma. Ma nessuna nazione al mondo ha così tante città forti di una propria storia, una propria identità, una propria specificità (non a caso i sindaci, pur con i loro problemi, non sono stati travolti dal discredito generale dei partiti). È sempre stato così; ma in un mondo globale, che diventa sempre più uniforme, questa è una ricchezza ancora non del tutto valorizzata. L'importante è essere consapevoli di chi siamo; e ricordarcelo anche nell'ora più difficile.


Aldo Cazzullo

14 aprile 2012