mercoledì 21 settembre 2011

Diventare contadini 2.0

Grow the planet, un sito creato da una start up tutta italiana insegna a coltivare piante e relazioni

MILANO - Un social network dalle finalità educative. O un modo per diventare dei contadini 2.0. Si chiama Grow the planet ed è il sito creato da una start up italiana che si è distinta al TechCrunch Disrupt di San Francisco. Due le finalità principali del sito che è tuttavia ancora alla versione beta: da un lato imparare a coltivare e riuscire a poter seguire il proprio orto e la crescita delle proprie piante sul pc, dall'altra quella di creare un network di utenti identificato su una mappa in modo che chi vuole possa eventualmente effettuare acquisti di prodotti ortofrutticoli a non più di una trentina di km di distanza.

GEOLOCALIZZAZIONE - Attraverso una funzione di geolocalizzazione è poi possibile cercare amici, clienti, scambiare, vendere e acquistare i prodotti della terra su filiere quasi a km zero, seguendo i criteri dell'economia sostenibile. Ma anche se nel nostro Paese non dovesse prendere piede un social network di coltivatori, per tutti i problemi fiscali e no legati alla vendita diretta, la visione del sito può aiutare a diventare contadini più consapevoli e a stabilire relazioni con chi fa il nostro stesso lavoro o ha il nostro stesso hobby.

Redazione Online corriere.it
16 settembre 2011 15:59

venerdì 2 settembre 2011

Manovra: l'equivoco bipartisan

IRENE TINAGLI

Continua l’altalena sulla manovra, che ormai cambia forma di ora in ora. Un teatrino che ha fatto emergere tutta l’inaffidabilità di chi oggi ci governa, un'inadeguatezza che molti osservatori non hanno mancato di puntualizzare. Eppure, a ben vedere, c’è qualcosa di ancora più inquietante delle incertezze e le incompetenze della maggioranza venute alla luce in queste settimane. Ed è il dover constatare che anche tra le forze politiche e sociali non allineate con il governo si annidano problemi del tutto analoghi.

Persino la contromanovra del Pd è uscita dalla segreteria piuttosto pasticciata, estremamente vaga e insufficiente, e subito silurata anche da fonti normalmente amiche. E così anch’essa ha subito aggiustamenti e limature, e molti aspetti restano ancora confusi, soprattutto sui criteri della patrimoniale che il Pd vorrebbe introdurre. Forse sono ancora lì a fare i conti su quanta fetta del loro elettorato potrebbero scontentare se la soglia fosse un po’ più alta o più bassa.

Ed è proprio questa la cosa che colpisce e spaventa: che ogni parte politica in questo momento, sia essa di governo o di opposizione, sembra preoccuparsi più del rapporto col proprio elettorato che della credibilità del Paese di fronte agli osservatori stranieri e ai propri cittadini.

L’ esempio più lampante è la nota questione della retroattività di alcune delle misure proposte sia dal governo che dall’opposizione. Proprio ieri la maggioranza ha avanzato una proposta che avrebbe annullato il riscatto ai fini pensionistici degli anni universitari e del militare, anche laddove il «riscatto» fosse già stato pagato. L’idea è stata ritirata dopo poche ore, ma la querelle si è scatenata subito. L’opposizione, criticata nei giorni scorsi per la sua idea di ri-tassare i capitali scudati l’anno scorso, ha gridato allo scandalo perché il governo preferiva «rimangiarsi la parola» con alcuni poveri cittadini piuttosto che farlo con i ricconi e con chi in passato ha eluso il fisco, cosa che pareva assai più giusta. Ma il punto non è se sia più accettabile e giustificabile colpire con punizioni retroattive un ricco o un povero, uno che non ha sgarrato mai o uno che è stato condonato. Il punto è che il rapporto tra Stato e cittadino deve essere improntato a leggi certe e uguali per tutti, chiunque essi siano. Il fatto che una legge potesse essere fatta meglio è un altro discorso e non rende comunque quella legge meno vincolante (e su questo aspetto si potrebbero ricordare al Pd quei suoi 22 parlamentari assenti il giorno in cui lo scudo venne votato; assenti perché, come spiegò D’Alema, nessuno aveva detto loro che era una votazione importante).

E’ assai preoccupante che sia governo che opposizione non si pongano problemi nell’infrangere il rapporto di fiducia tra Stato e cittadino, privilegiando ad esso il rapporto con i propri elettori. E non c’è dubbio che questo sia ciò che sta accadendo in questi giorni, ne sono prova persino le dichiarazioni con cui Berlusconi ha annunciato le ultime modifiche alla proposta sulle pensioni. Berlusconi, infatti, non ha addotto a motivo del passo indietro l’incorrettezza di una norma che avrebbe colpito retroattivamente persone che avevano già sostenuto scelte e costi, ma ha ammesso candidamente che non pensavano che avrebbe colpito così tante persone. Insomma, la priorità non è tanto la correttezza o lungimiranza delle proposte, ma quanti voti fanno perdere. Non sorprende quindi che in questi giorni ogni gruppo alzi la voce, dai medici ai magistrati ai pensionati, perché ormai tutti hanno capito che funziona così.

Gi effetti di questo approccio, che da tempo ormai dilaga tanto a destra quanto a sinistra, sono sotto gli occhi di tutti. E non riguardano soltanto i danni legati alla nostra stabilità economica, ma anche quelli legati ad un popolo che ormai non viene più stimolato ad avere una grande idea di Paese in testa, ma solo una piccola calcolatrice in tasca.

martedì 16 agosto 2011

La fine del mondo c'è già stata, noi siamo ciò che resta

La nostra è l’unica specie umana
sopravvissuta tra quelle
esistenti 40 mila anni fa
TELMO PIEVANI

Fra cinque miliardi di anni il Sole esaurirà il suo combustibile e si espanderà in una gigante rossa travolgendo la fragile teoria dei suoi pianeti. Ma forse già prima la nostra galassia avrà iniziato a scontrarsi con quella di Andromeda, in una meravigliosa danza stellare che durerà milioni di anni e alla quale nessun umano, forse, potrà assistere. La specie umana, secondo i parametri evoluzionistici, è ancora una bambina: ha «soltanto» 190-180 mila anni. Non solo, essa è rimasta l’unica su questo pianeta da pochissimo tempo, da quando cioè si sono estinte le altre specie umane che popolavano il globo. Secondo i dati più recenti, se un ipotetico osservatore fosse caduto sul nostro pianeta soltanto 40 mila anni fa - una minuscola parentesi del tempo evolutivo - avrebbe incontrato almeno quattro specie umane: i nostri predecessori sapiens, sparsi in tutto il Vecchio Mondo e in Australia, dopo ripetute uscite dall’Africa; i robusti e intelligenti Neandertal, in Europa e Asia occidentale; l’ominino pigmeo dell’isola di Flores, in Indonesia; e il misterioso Homo di Denisova, sui Monti Altai, di cui conosciamo soltanto pochi resti ossei e frammenti del codice genetico.

Perché allora siamo rimasti soli, e così di recente? Forse nel nostro inizio, tanto espansivo e ingombrante, era già scritta la fine degli alter ego umani. E pensare che noi mammiferi non ci saremmo diversificati in questo modo se i dinosauri (tranne i loro discendenti uccelli) non fossero stati sorpresi da una ben nota catastrofe da impatto, entrata ormai nell’immaginario collettivo. Ma spesso non si ricorda che a loro volta i dinosauri erano i discendenti fortunati di altre «estinzioni di massa» che avevano travolto i dominatori dell’era precedente. Mai dormire sugli allori: nell’evoluzione, la fine del mondo di qualcuno è l’inizio del mondo di qualcun altro.

Secondo uno dei massimi esperti in materia, il paleontologo Michael J. Benton, in almeno un frangente, alla fine del Permiano, per un pelo la Terra non l’ha fatta finita una volta per tutte con i suoi abitanti: a seguito di un’ecatombe senza precedenti, causata da eruzioni vulcaniche su larga scala, si estinsero il 90% degli organismi marini e il 70% di quelli terrestri. Nella desolazione che seguì, i pochi sopravvissuti impiegarono milioni di anni per riprendersi e per tornare a diversificarsi. Dunque la fine del mondo c’è già stata, in più occasioni, e ogni volta tutto è ricominciato.

Detto ciò, è pur vero che nel breve arco di tempo che ci separa dalla nostra nascita africana solo noi abbiamo scatenato un’evoluzione culturale e tecnologica rapidissima, tanto che qualcuno pensa che la prossima volta l'asteroide saremo noi. In effetti, contando quante specie abbiamo condotto all'estinzione alterando e distruggendo gli ecosistemi finora, il tasso di decimazione è paragonabile a quello delle cinque maggiori estinzioni di massa del passato. I più pessimisti pensano che questa «sesta estinzione» si tradurrà prima o poi in un’auto-estinzione: saremo i primi a segare da soli il ramoscello evolutivo su cui poggiamo, una poco encomiabile impresa alla quale assisteranno perplessi insetti, batteri e altre specie di successo.

I fattori solitamente indicati come possibili cause della fine sono numerosi, alcuni più fantasiosi, altri meno: dall’idea di un’intelligenza artificiale che si rivolge contro il genere umano, alla collisione della Terra con una cometa, dal rischio di una pandemia improvvisa e definitiva, agli attacchi terroristici. E poi ancora, guerre nucleari e biologiche, improvvise glaciazioni, ma soprattutto crisi climatiche. Ad accompagnare la discussione, gli aspetti più etici e filosofici del problema: qual è la nostra responsabilità qui e ora per una catastrofe che si potrebbe verificare in un lontano domani? Siamo capaci di un investimento etico per un esito così lontano nello spazio e nel tempo, i cui beneficiari saranno persone sconosciute e di generazioni a venire? Perché molte civiltà e culture in passato sono andate incontro al loro collasso senza fermarsi prima, ignorando segnali evidenti di crisi? E poi, come sarà il mondo quando la specie umana non ci sarà più? Stando alle proiezioni più affidabili, sarebbe un rifiorire di biodiversità.

Sapere che la fine del mondo c’è già stata, e che noi siamo in equilibrio come surfisti su ciò che resta dell’ultima, potrebbe aiutarci a rendere un po’ più sobrio e positivo il nostro punto di vista. In virtù del principio (a noi italiani peraltro familiare) in base al quale ci si rimbocca le maniche solo quando il rischio è palese e imminente, alcuni scienziati e filosofi difendono oggi la più ottimistica possibilità escatologica secondo cui la giovane specie sapiens sopravvivrà a lungo e magari si diffonderà nella nostra e in altre galassie poco prima che la Terra divenga inospitale. Se poi questo sarà un bene o meno per le altre galassie, è tema per i post-apocalittici che sopravvivranno alla fine del mondo immaginaria del 2012.

domenica 12 giugno 2011

Finanziamenti personalizzati e master/training, così si supportano le migliori start-up

MILANO – Nelle considerazioni finali del governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, prossimo a salire sullo scranno più alto della Bce, la parole chiave è stata innovazione. Lo ha ripetuto come un mantra anche la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, secondo cui dalla crisi si uscirà soltanto puntando sulla ricerca e sviluppo e sui Paesi emergenti. E l'Italia, da sempre considerata una best-practice per la vitalità e il rischio d'impresa, il principale ostacolo alla progettualità dei giovani che intendano mettersi in proprio è ottenere finanziamenti. Le banche centellinano il credito, sottoposte a requisiti di patrimonializzazione più stringenti dettati dalla road-map di Basilea 3 e, proprio per questo, alle prese con la necessità di varare aumenti di capitale con il beneplacito delle fondazioni-azioniste. Ecco perché – per limitare l'effetto credit crunch – i giovani di Confindustria e Unicredit promuovono la seconda edizione del “Talento delle Idee”.

Fabio Savelli
10 giugno 2011